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USI CIVICI

L'uso civico è un diritto di godimento collettivo che si concreta, su beni immobili, in varie forme (caccia, pascolo, legnatico, semina), spettanti ai membri di una collettività, su terreni di proprietà comunale o anche di terzi, non scaturente da una legge formale ma radicato nella prassi collettiva.

Gli usi civici sono considerati fonte del diritto in diversi ordinamenti giuridici, come, ad esempio, in quello italiano.

Il corpus normativo di riferimento è costituito, principalmente, dalla Legge dello Stato 16/06/1927, n. 1766 e dal relativo Regolamento di attuazione RD 26/02/1928, n. 332; inoltre, dalle successive norme (nazionali e regionali) in materia di usi civici, nonché dalle precedenti leggi eversive della feudalità (Legge 01/09/1806, RD 08/06/1807, RD 03/12/1808, Legge 12/12/1816, RD 06/12/1852, RD 03/07/1861, Ministeriale 19/09/1861 e altre).

Il legislatore distingue i vari usi civici in due principali categorie: terre di proprietà collettiva (demanio civico) e terre di proprietà privata ma su cui grava un diritto di uso civico in favore della collettività. I proprietari di terre con gravame di uso civico possono togliere tale vincolo, risarcendo la comunità in denaro (liquidazione) o in terra (scorporo). In quest'ultimo caso viene delimitata una porzione del fondo che diventa di proprietà collettiva (demanio civico) dove la comunità esercita il diritto di uso civico.

Le terre di proprietà collettiva (demanio civico) convenientemente utilizzabili per l'agricoltura sono state spesso assegnate in quote enfiteutiche ai singoli membri della comunità titolare del diritto, in tal caso, il legislatore ha previsto che, con particolari procedure, potessero alienare e riscattare (legittimare e/o affrancare) le quote, divenendone pienamente proprietari.

AFFRANCAZIONI

Affrancazioni

In diritto italiano, l'affrancazione è l'acquisto della proprietà da parte dell'enfiteuta mediante il pagamento di una somma di denaro.

Il diritto di affrancazione è un diritto potestativo dell'enfiteuta: il concedente non può rifiutarsi di prestare il proprio consenso. Ove il concedente non consenta a liberare il suo fondo, e quindi a statuirgli la pienezza della proprietà, l'enfiteuta si rivolge al giudice ordinario per ottenere una sentenza costitutiva di affrancazione di fondo.

La legge 18 dicembre 1970 n.1138, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 15 gennaio 1971, prevede all'art. 9, che l'affrancazione si possa realizzare mediante il pagamento di una somma pari a quindici volte l'ammontare del canone, modificando quindi la precedente disciplina codicistica, che prevedeva che la somma fosse pari a venti volte il canone.

 

ALIENAZIONI

Alienazioni

Lo strumento dell'alienazione dei terreni demaniali si attua mediante l'applicazione dell'art. 8 della L.R. 1/86 come modificato dall’art. 8 della L.R. n° 6 del 27 gennaio 2005 e dall’art. 1 della L.R. n. 11 del 18 febbraio 2005, che recita:

1. I comuni, le frazioni di comuni, le università e le associazioni agrarie comunque denominate possono alienare i terreni di proprietà collettiva di uso civico posseduti dagli stessi:

a) agli occupatori, se già edificati;

b) con le procedure di asta pubblica, se divenuti edificabili.

2. L’alienazione di cui al comma 1 lettera a), può essere effettuata a condizione che le costruzioni siano state legittimamente realizzate o che siano condonate ai sensi della normativa vigente in materia di sanatoria di abusi edilizi. Eventuali successori nel possesso della costruzione non pregiudicano la possibilità di richiedere o di ottenere l’alienazione ai sensi del presente articolo, che è in ogni caso rilasciata a favore del titolare della costruzione. L’alienazione deve interessare il suolo su cui insistono le costruzioni e le relative superfici di pertinenza fino ad una estensione massima corrispondente alla superficie del lotto minimo imposto dallo strumento urbanistico vigente per la zona in cui ricade il terreno da alienare. La superficie agricola occupata dal richiedente ed eccedente il lotto da alienare deve comunque essere sistemata nei termini e nei modi previsti dalla normativa vigente in materia di usi civici.

3. Per i terreni di cui al comma 1, lettera b), gli enti possono, prima di procedere alla pubblica asta, attribuire la proprietà di singoli lotti a coloro che detengono gli stessi a qualsiasi titolo e che ne fanno domanda sulla base del prezzo di stima, a condizione che l’assegnatario si obblighi a destinare il lotto all’edificazione della prima casa, ovvero all’edificazione di manufatti artigianali necessari per lo svolgimento della propria attività.

4. Non possono essere comunque alienati i terreni di proprietà collettiva di uso civico ricadenti in aree sottoposte a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali, dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale.

5. Ai fini della determinazione del valore, gli enti di cui al comma 1 si avvalgono dei propri uffici tecnici o possono nominare tecnici iscritto all’albo regionale dei periti, degli istruttori e dei delegati tecnici.

6. Qualora, successivamente all’acquisto di un terreno, effettuato con contratto di compravendita registrato e trascritto, sopravvenga l’accertamento dell’appartenenza del terreno medesimo alle categorie di cui all’art. 39, comma 2, del regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332, concernente il regolamento di esecuzione della legge sul riordino degli usi civici, e si tratti di costruzione destinata a prima casa già eseguita o da eseguire, l’acquirente ha la facoltà di consolidare l’acquisto a titolo oneroso. La richiesta dell’acquirente deve essere corredata della copia dell’atto di compravendita e dell’eventuale provvedimento di concessione edilizia. Ricevuta la richiesta, l’ente interessato, con deliberazione motivata soggetta ad approvazione della Regione, stabilisce, a titolo conciliativo, una somma che deve essere ridotta fino all’ottanta per cento del valore del terreno.

7. L’agevolazione di cui al comma 6 si applica altresì quando si tratti:

a) di costruzioni o impianti destinati ad attività artigianali di superficie complessiva inferiore a 1.500 metri quadrati;

b) di costruzioni o impianti destinati ad attività di commercio di superficie di vendita inferiore a 1.500 metri quadrati, per i comuni con popolazione residente inferiore ai 10.000 abitanti;

c) di costruzioni o impianti destinati ad attività turistico – ricettive ed agrituristiche di superficie complessiva inferiore a 2.000 metri quadrati, e di superficie complessiva inferiore a 2 ettari per le strutture ricettive all’aria aperta e per gli impianti sportivi.

8. A richiesta dell’interessato il prezzo di alienazione può essere rateizzato.

 

LIQUIDAZIONI

Liquidazioni

La liquidazione degli usi civici su terre private, detta anche "affrancazione", è un procedimento volto alla eliminazione dell’esercizio del diritto di uso civico da parte della collettività su terreni che all’atto dell’accertamento demaniale risultavano di proprietà privata (venduti dal Re ad un privato con il mantenimento, a favore della popolazione, della possibilità di esercitare gli usi già in essere, necessari al soddisfacimento dei propri bisogni primari).

I proprietari di terre (private) con gravame di uso civico possono togliere tale vincolo, risarcendo la comunità in terra (scorporo ai sensi degli artt. 5 e 6 della Legge 1766/1927) o in denaro (liquidazione ai sensi dell'art. 7 della Legge 1766/1927).

Nel primo caso (scorporo) viene delimitata una porzione del fondo che diventa di proprietà collettiva (demanio civico) dove la comunità esercita il diritto di  uso civico.

Nel secondo caso (liquidazione) viene imposto sul terreno privato un canone (demaniale) di natura enfiteutica a favore del Comune o dell'associazione agraria; tale canone è redimibile (cancellabile) con un provvedimento di affrancazione; ai sensi dell'art. 33 del RD 332/1928 "i canoni imposti in applicazione degli articoli 7 e 10 della legge possono essere affrancati anche all'atto stesso della conciliazione (liquidazione degli usi civici su terre private) o della legittimazione ed il capitale di affrancazione resterà vincolato ai termini dell'art. 24 della legge stessa".

LEGITTIMAZIONI

Legittimazioni

L’occupazione abusiva di terre d’uso civico è una situazione antigiuridica che può essere sanata, ai sensi dell’art.9 della legge 16 giugno 1927 n. 1766 che attualmente disciplina la materia, attraverso l’istituto della legittimazione qualora l’occupatore abbia apportato sostanziali e permanenti migliorie ai territori, quando il possesso duri da almeno un decennio e la zona occupata non interrompa la continuità dei terreni.
Tale istituto, peraltro non nuovo poiché tracce dello stesso si rinvengono già nella legislazione napoletana (decr. 10 marzo 1810) e in quella siciliana (decr. 11 dicembre 1841), è senza dubbio singolare quanto alle finalità che persegue in quanto costituisce una sorta di espropriazione di beni pubblici per interesse privato (a scapito dell’interesse pubblico), e per di più compiuta a favore di chi abbia illegittimamente occupato terre del demanio civico.

Esso tuttavia si giustifica nell’esigenza di temperare il principio dell’inalienabilità ed imprescrittibilità dei terreni demaniali, la cui rigorosa applicazione, in determinati casi, produrrebbe conseguenze inique; in esso quindi si ravvisa una sorta di premio per i coltivatori che hanno migliorato le terre.
Nel corso del XIX secolo e dei primi anni del XX si è assistito ad un succedersi di provvedimenti legislativi in tema di terre civiche contenenti criteri volti ora a restringere ora ad ampliare l’ambito di applicazione dell’istituto. L’intento del legislatore del 1927, quale risulta dalla Relazione al Senato, era quello di porre un freno al dilagare delle legittimazioni; tuttavia nel testo definitivo della legge, al citato art.9, si rinvengono condizioni meno stringenti rispetto a quelle previste dai decreti del 1924, convertiti in legge; condizioni che vengono poi ulteriormente ampliate dalle previsioni del Regolamento di applicazione della stessa (art. 25 del R.D. n. 332 del 1928).

Tale stato di cose è visto con preoccupazione dalla dottrina, benché in seno ad essa non manchino pareri contrari, in quanto l’eccessivo ricorso alle legittimazioni mette a rischio la consistenza dei beni comunali, in danno dell’interesse della stessa collettività.

All’eccessivo lassismo legislativo si sarebbe potuto ovviare attraverso un sapiente e consapevole uso dei poteri discrezionali riconosciuti dalla legge ai Commissari per gli usi civici (posto che la stessa legge classifica la legittimazione, non quale diritto soggettivo, ma quale atto di discrezionalità amministrativa del Commissario), tuttavia la prassi dei Commissari, e poi delle Regioni, a seguito del trasferimento a queste ultime delle funzioni amministrative dei primi (con il decreto del 1977), ha mostrato eccessivo favore nei confronti della legittimazione, divenuta un modo quasi normale di sistemazione dei beni occupati, e concessa talora anche oltre i limiti posti dalla legge, e ciò soprattutto a causa del mancato uso del potere discrezionale.

La ricerca quindi si propone: preliminarmente, di analizzare l’istituto della legittimazione nei suoi vari profili alla luce di dottrina, giurisprudenza e legislazione vigente, con speciale attenzione alla legislazione regionale, in considerazione del fatto che una delle questioni più urgenti che i legislatori regionali si sono trovati ad affrontare a seguito del trasferimento di competenze legislative in materia di usi civici, operato con i decreti del ’72 e del ’77, è stata quella della sistemazione delle occupazioni abusive delle terre demaniali; successivamente, di elaborare osservazioni e fornire spunti di riflessione in merito all’istituto e all’attualità delle problematiche ad esso relative.

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